domenica 7 luglio 2013

Simca 1000

Nel 1959 la Fiat comincia a pensare ad un modello da inserire tra la 600 e la 1100 e l’anno successivo mette in cantiere il “progetto 122”, ma le vendite eccezionali della 600 non fanno certo sentire l’urgenza di una nuova vettura e così lo studio procede stancamente (solo nel 1964 si vedrà la 850).
Nello stesso periodo la Société Industrielle de Mécanique et de Carrosserie Automobile, fondata nel 1934 dall’italiano Enrico Teodoro Pigozzi per assemblare, e in seguito produrre vetture su licenza Fiat, sta producendo grosse berline su licenza della Ford SAF e le vendite non vanno troppo bene. Ci vorrebbe proprio una piccola vettura economica per rilanciare l’immagine (e le finanze) della casa. In quel 1960 Fiat e SIMCA stringono nuovamente i loro rapporti: la Fiat cede studi e disegni della 122, oltre a mettere a disposizione i propri tecnici, tra cui Dante Giacosa e Rudolf Hruska. La linea della nuova carrozzeria viene nel frattempo definita da Mario Revelli di Beaumont. Nel 1961 la SIMCA 1000 è già in strada.


 

Il pubblico però la giudica in un primo momento eccessivamente spartana e le vendite non decollano. Basta però rivedere allestimenti e finiture e, soprattutto, aumentare la potenza del piccolo motore per fare della 1000 una vettura di successo diffusa in tutto il mondo arrivando ad essere prodotta, nelle sue numerose versioni, in poco meno di 2.000.000 di esemplari.
Osservandone la meccanica la piccola SIMCA rivela la sua stretta parentela con la Fiat 600, con la stessa disposizione degli organi meccanici; ha però quattro portiere, un discreto bagagliaio all’anteriore ed anche, pur non essendo una giardinetta, il sedile posteriore ribaltabile, Mario Revelli era infatti un pioniere delle “carrozzerie funzionali” e aveva applicato alla nuova utilitaria alcuni piccoli accorgimenti che, almeno in parte, ne decretarono il successo. Il piccolo prezzo da pagare fu una carrozzeria molto lineare e squadrata, tanto che all’epoca qualcuno la definì “una scatola da scarpe”, ma il volume interno era impareggiabile e la linea tutto sommato simpatica. Soltanto la finestratura laterale manifestava un certo scompenso: il finestrino anteriore risultava sensibilmente più corto del posteriore, ma ciò era dettato dall’arretramento dell’abitacolo che dava slancio alla linea e, soprattutto, dalla soluzione fortemente voluta delle quattro portiere.
Per la sua semplice eleganza, l’economia d’ uso, la praticità e per il fatto di trovarsi un gradino sopra la 600 la SIMCA 1000 conobbe una grande diffusione anche in Italia dove inevitabilmente si trovò in forte concorrenza con la Fiat 850, con cui condivideva il progetto d’origine. Si difese bene anche dalle contemporanee Renault 8 e 10, molto simili e nella stessa fascia di mercato, e dalla Prinz 4, nata sempre nel 1961, più piccola ma molto agguerrita.

La seconda serie aggiornata nell'estetica con la nuova fanaleria di coda
La 1000 nella sua versione più diffusa montava un quattro cilindri in linea raffreddato ad acqua di 944 cc e 45 cv che la spingeva a poco più di 120 Km/h, ma ricevette nella sua lunga carriera motori più performanti di 1118, 1204 e 1294 cc con potenze di 56, 62 e 75 cv fino ai 106 che consentivano 180 Km/h all’ultima serie della fortunata versione Rally. Ne venne creato poi un particolare modello economico di 777 cc con 30 cv e fu disponibile inoltre con una filante carrozzeria coupé disegnata da Bertone. Infine fu con la 1150 l’unico caso (escludendo le poche Porsche 356B) di vettura di grande serie non prodotta dalla Fiat a ricevere le cure del leggendario Carlo Abarth. 

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